giovedì 16 ottobre 2014

Speranze e illusioni di Giovanni

La mia L2

Le più belle parole non sono “Ti amo”, ma “E’ benigno!” [Woody Allen]  
Ho ritirato il 14/10/2014 il referto della tac con mdc; il prof. Fabio Pomeri, direttore del reparto di Radiodiagnostica Oncologica dello IOV, ha refertato: Crollo di L2, stabilità degli altri reperti TC.  Speranze e illusioni si sono accavallate nella mia psiche. Speranza di guarire? Probabilità zero! Speranza di sopravvivere? Qualche probabilità in più! Mi sorge il dubbio che più che speranze le mie siano solo illusioni. Questa mattina ho fatto il richiamo di ipilimumab dopo 12 settimane dalla precedente infusione. Nella stanza del day hospital ho incontrato due signori più giovani di me che mi hanno raccontato la loro avventura oncologica. Stanno sperimentando, per un melanoma metastatico, due anticorpi monoclonali ipilimumab+nivolumab, ora stanno prendendo solo nivolumab. Li ho trovati molto rilassati e per nulla preoccupati, in particolare quello seduto vicino a me che affermava che la terapia sperimentale aveva stabilizzato le sue 5 metastasi. Era quindi speranzoso! In bocca al lupo compagno di avventura, oggi era anche il suo compleanno!
trovo nell'enciclopedia Treccani che la Speranza, dal latino "sperare", è un sentimento di aspettazione fiduciosa nella realizzazione, presente o futura, di quanto si desidera. Nella morale cattolica è, insieme con la fede e la carità, una delle tre virtù teologali. Speranza (dal latino: Spes) è la personificazione nella mitologia romana della Speranza l'equivalente greca di Elpis.
È tradizionalmente definita come "ultima dea" (Spes Ultima Dea), espressione che si ritrova nel detto popolare «la speranza è l'ultima a morire», in quanto, come era narrato nel mito del Vaso di Pandora, essa è l'ultima risorsa per l'uomo. Quando tutti i mali contenuti nella giara all'apertura si erano dispersi nel mondo rimase, per volontà di Zeus, solo Elpis come riparo consolatore per l'umanità. La Speranza, nell’antichità classica venerata come una divinità, era rappresentata in piedi, con un bocciolo di fiore nella mano destra e la veste sollevata sul fianco sinistro.
Il termine illusione (dal latino illusio, derivato di illudere, "deridere, farsi beffe") indica in genere ogni errore dei sensi o della mente che falsi la realtà. Nel linguaggio della psicologia, le illusioni possono considerarsi come percezioni reali falsate dall'intervento di elementi rappresentativi che si fondono così strettamente allo stimolo sensoriale, da far perdere al soggetto la capacità di differenziare gli elementi sensoriali diretti da quelli riprodotti.
Nel riflettere sulle categorie speranza e illusione, mi sono imbattuto nel post Speranza ed Illusione contenuto nel blog che ha per titolo: Quella che il bruco chiama fine del mondo, il maestro chiama farfalla (massima Zen).
Per un paziente oncologico la Speranza è lo stato d’animo di attesa fiduciosa nel compimento imminente o futuro di una guarigione, nel mio caso di sopravvivenza.
Mentre l’illusione è la speranza ormai svanita, consapevole o inconsapevole. Nel mio caso sto facendo una chemio e una radio palliativa e mi illudo di poter ancora guarire. Con una metastasi o ripresa malattia alla vertebra L2, è speranza quella di poter vivere ancora un po', e illusione pensare di poter guarire.
Scrive Raul Montanari nel romanzo “L’esistenza di dio” , Baldini Castoldi Dalai editore, 2006) - Il contrario dell’illusione è la delusione: un’emozione amara ma salutare. Un risveglio. Il contrario della speranza è la disperazione, la resa totale. L’unico peccato per il quale non c’è perdono, né in terra né in cielo.”
Affermare che chi non ha speranza pecca contro il cielo e la terra è esagerato, soprattutto  nel campo dell'oncologia.
Trovo su Yahoo Answers e nel  post su citato che la differenza tra speranza e illusione è un pò come la differenza tra nevrosi e psicosi. E’ nevrosi quando costruisci castelli in aria e poi sei combattuto tra l’andarci ad abitare dentro oppure no. E’ psicosi quando vai ad abitarci dentro.
E’ speranza quando una parte di te sa che la probabilità di guarigione è possibile, è illusione quando, nonostante metastasi, recidive e progressioni della malattia ti illudi che la guarigione sia ancora possibile.
La speranza ti mantiene in bilico tra guarigione  e non guarigione. L’illusione, invece, ti relega alle soglie dell’impossibile, dell’allucinatorio. Il problema è che talvolta credi di avere una speranza, e non sai che è un’illusione.
Trovo nel Forum "Vivere dopo il cancro allo stomaco (si può!)" che i familiari dei pazienti gastrectomizzati per un adenocarcinoma gastrico, a volte con stadio 4 e grado 3 (massima positività = condizioni peggiori), si chiedono se ha senso fare la chemio e la radioterapia. I partecipanti al Forum rispondono quasi sempre: tanti PPS (Pensieri Positivi Sempre), non mollate e  sperate sempre.
Quando una persona impatta con uno dei 97 tipi di "cancer" classificati dall'International Classification of Diseases (ICD 10), che madre natura ci offre, speranze e illusioni si affollano nella sua mente e in quella dei suoi familiari. Quando l'infiltrazione delle cellule neoplastiche non si arresta di fronte alla parete dei vasi linfatici, dei capillari e delle venule che possono essere invase, con la conseguenza che le cellule tumorali raggiungono i linfonodi o il circolo sanguigno dando inizio a quel processo noto con il termine di metastatizzazione, la situazione è quasi sempre senza speranza.
Un'altra caratteristica dei tumori maligni, che rende la prognosi spesso infausta, è la "recidiva", cioè il rischio di riformazione del tumore nel sito di origine dopo l'asportazione chirurgica. I tumori maligni, infine, se non rimossi per tempo danno luogo alla cachessia, cioè ad un progressivo e rapido decadimento dell'organismo, che va incontro ad una notevole perdita di peso ed a fenomeni di apatia e astenia.
Nel mio caso, dopo la gastrectomia (03/12/2010) e la chemio ho vissuto fino a gennaio 2013 in condizioni accettabili.  E' da quel periodo che la malattia ha ripreso vigore colpendo il fegato. La chemio, sia tradizionale che sperimentale, ha fatto regredire la metastasi al fegato ma non quella alla vertebra L2. Ora sto prendendo Zometa e ho fatto 5 sedute di radioterapia per la metastasi ossea. Quindi speranza di guarigione zero, illusione di sopravvivere ancora un po', sì! Spero in condizioni dignitose.
L'atteggiamento positivo serve nella lotta al cancro? Trovo su Wikipedia: Nel 1970, un trattamento relativamente popolare e alternativo del cancro, consisteva, in una terapia della parola specializzata, basato sull'idea che il cancro fosse causato da un cattivo atteggiamento.  Le persone con una "personalità del cancro", risultavano depresse, avevano disgusto di sé e paura ad esprimere le proprie emozioni. Si credeva che il cancro fosse una manifestazione del desiderio inconscio. Alcuni psicoterapeuti ritenevano che il trattamento per cambiare la visione del paziente sulla vita avrebbe avuto effetto curativo sul cancro. Ciò portava a riversare sulla vittima la colpa di essere la causa del proprio male o di averne impedito la cura. Inoltre, ciò aumentava l'ansia dei pazienti, in quanto erroneamente ritenevano che le emozioni naturali di tristezza, rabbia o paura potessero accorciare la loro vita.  La teoria è stata condannata da Susan Sontag, nel suo libro Malattia come metafora. Aids e cancro. Anche se questa teoria è ormai generalmente considerata come una sciocchezza, l'idea persiste, almeno in parte, in forma ridotta con una diffusa, ma errata, convinzione che mantenere deliberatamente un pensiero positivo, possa aumentare la sopravvivenza. Questo concetto è particolarmente rilevante nella cultura correlata al cancro al seno.(…)
Predire la sopravvivenza quando si impatta con un tumore, sia a breve che a lungo termine è difficile e dipende da molti fattori. I più importanti sono il tipo di tumore, l'età del paziente e la sua salute generale. Le persone fragili e con altri problemi di salute hanno tassi di sopravvivenza più bassi. Un centenario è improbabile che sopravviva per più di cinque anni, anche se il trattamento ha successo. Le persone che riferiscono una migliore qualità della vita, tendono a sopravvivere più a lungo. Le persone con bassa qualità di vita possono incorrere nel disturbo depressivo ed in altre complicanze, dovute al trattamento o alla sua progressione, che danneggia la loro qualità di vita, riducendone la durata.
Susan Sontag è morta il 28 dicembre 2004 a New York di leucemia. Scriveva Umberto Galimberti su Repubblica, del 29/12/2004, in un articolo dal titolo: Quando la malattia diventa una colpa.
Susan Sontag si era annunciata al pubblico negli anni Sessanta con un libro Contro l'interpretazione. Gli psicanalisti e i filosofi ermeneuti lo considerarono confuso. E li capisco. Li colpiva nella loro ombra, che è poi quella di ritenere che ogni evento sia suscettibile di interpretazione, e quindi nasconda un significato recondito da portare alla luce, perché tutto deve avere una spiegazione. In realtà Susan Sontag voleva solo dire che non tutte le cose hanno un significato, tantomeno le malattie perché "non c'è niente di più primitivo che attribuire a una malattia un significato, poiché tale significato è inevitabilmente moralistico".
Alla fine degli anni Settanta Susan Sontag esplicitò questo concetto in un bellissimo pamphlet che ha per titolo Malattia come metafora, che Einaudi farebbe bene a ripubblicare, se non altro per evitare che i malati di cancro o di Aids, oltre alle sofferenze fisiche, si trovino a dover sopportare il sospetto moralistico che l'ignoranza da un lato e un insopprimibile bisogno di spiegazione dall'altro attribuiscono alle condizioni di malattia, di sofferenza, di dolore.
La tubercolosi era un flagello, ma la letteratura, Thomas Mann in particolare, l'aveva resa un simbolo di raffinatezza, quando non una consunzione d'amore. Persino Freud, amico di Mann, non lo escludeva. E su questo aspetto metaforico della malattia sorse quella pseudoscienza che porta il nome di "psicosomatica", dove si afferma, naturalmente senza spiegare come, che le pene dell'anima, quando non le sue colpe, si convertono in malattie del corpo.
Potenza delle metafore e dei simboli, vivificati più dalla letteratura che dalla scienza. Di solito la letteratura e con lei la mitologia e la religione interpretano quel che la scienza ancora ignora. Immemori del monito di Ippocrate che, di fronte all'epilessia interpretata come "male sacro", scriveva: "Circa il male cosiddetto sacro questa è la realtà. Per nulla è più divino delle altre malattie o più sacro, ma ha struttura naturale e cause razionali. Gli uomini tuttavia lo ritengono in qualche modo opera divina per ignoranza e stupore".
Contro questa ignoranza, ammantata di sacralità o di estetica, si è battuta Susan Sontag, concentrando la sua attenzione su quella che negli anni Settanta era considerata, e in una certa misura lo è ancora oggi, la malattia mortale: il cancro, che a partire da Reich è stato psicologizzato nella forma della repressione sessuale, e da Groddeck visualizzato come "malattia di chi vuole morire perché la vita gli è diventata insopportabile".
Ne consegue che come cura basterebbe la buona volontà, la forza di lottare, come vuole il nostro tempo dove, dice Susan Sontag, la metafora militare è quella vincente, quando a regolare il mondo non è il dialogo e l'accettazione dell'altro, ma la forza e la soppressione dell'altro.
Fu così che da malattia che insorge per specifiche condizioni organiche, il cancro diventa, per il malato, colpa della degenerazione della sua vita e, per traslazione, metafora della degenerazione politica e sociale, descritta, scrive Susan Sontag, "con immagini che riassumono il comportamento negativo dell'homo oeconomicus novecentesco: sviluppo anormale, repressione dell'energia che si manifesta nel rifiuto di consumare e di spendere.
L'insegnamento di Susan Sontag, che ci invita a demetaforizzare la malattia ed eliminare tutte le interpretazioni, che hanno sempre uno sfondo colpevolizzante, di cui si servono il potere, la morale e la legge per tenere a bada le condotte di vita degli individui, torna particolarmente attuale oggi di fronte a quell'epidemia che chiamiamo Aids.
I malati di Aids, oltre alla malattia, devono combattere l'immagine della malattia, che è più spaventosa e più difficile da vincere della malattia stessa. L'origine sessuale quando non omosessuale della malattia, il suo propagarsi ai bordi della città tra gli emarginati vittime della tossicodipendenza offre alla morale, sempre in cerca della colpa perché avida di punizione, un terreno fecondo per il consolidamento dei suoi principi e l'esercizio dei suoi divieti. (…)
L'immaginario colpevolizzante, infatti, e le metafore che lo sostengono sono il maggiordomo e le ancelle del potere che ha sempre regolato la vita degli uomini con la paura. Paura dell'aldilà quando si credeva nell'anima, paura della malattia e della morte quando quella fede è caduta. Susan Sontag, con i suoi scritti e i suoi libri, ha speso l'intera vita contro l'uso dell'immaginario a scopi repressivi, contro le fandonie di tutti i poteri, da quelli religiosi a quelli politici, che fanno uso della metafora e dell'interpretazione per contenere le condotte e limitare la vita degli uomini.

In Yahoo Answers leggo questo post di sei anni fa che merita una attenta riflessione:  Ho finito la chemioterapia per un tumore allo stomaco con metastasi all'ilo del fegato? Tra poco dovrò fare la TAC e la gastroscopia per vedere com'è andata. Durante le infusioni di chemio ho avuto modo di incontrare tante persone che da anni facevano questi cicli, altre che se ne sono andate all'altro mondo, altre che erano alle prime infusioni come me. Ho visto tanta ma tanta sofferenza!!!Io non voglio passare una vita a fare cicli di chemioterapia, perciò stavo pensando,che se con questi controlli dovessero presentarsi altre cellule, rifiuterò di sottopormi ad altra terapia. mi dispiace per la mia famiglia, per il mio bimbo, ma penso che vedere per anni un familiare in certe condizioni per poi comunque vederlo andare via, sia molto peggio. Vi chiedo, cosa ne pensate? Ovviamente rinuncio se non c'è speranza! Grazie a tutti.
Aggiornamento : Sicuramente la terapia allunga un pò la vita, ma a che prezzo?
Tra le diverse risposte la richiedente ha scelto la seguente. Mi sono permesso di renderla accessibile perché scritta con tante abbreviazioni.
La tua domanda mi ha toccato il cuore perchè mentre ti scrivo ho nella stanza accanto mio padre che dopo una lunga battaglia sta per lasciarci...
Un tumore allo stomaco con metastasi al peritoneo lo ha colto 1 anno e mezzo fa ...ha 43 anni e nonostante l'asportazione totale dello stomaco, le radio, le chemio e mille accortezze ....era tornato ad una vita quasi normale anche grazie alla grinta e alla voglia di combattere.... illusione di pochi mesi ed ora è crollato di nuovo tutto...le metastasi si son estese e da due mesi lo alimentiamo artificialmente perchè non riesce a metabolizzare nulla di solido...Nonostante ciò non si arrende...malgrado l'ascite aumenti...malgrado i giorni sempre uguali per lui che era attivo e pieno di energie. Ora la terapia del dolore lo sta aiutando molto ma vederlo cosi mi fa molto male.
Insomma...ti ho descritto la sua situazione e in base a ciò che vivo ti do il consiglio:
forse molti non lo condivideranno, ne sono certa vale sempre la pena di combattere per la vita e per chi amiamo....ma ad un certo punto dobbiamo guardarci dentro e scegliere per noi stessi, non solo in funzione di chi ci ama.
E' una malattia tremenda ma molti l'hanno sconfitta e tu potresti farcela...Nel caso non ci dovessero essere più speranze, io ti consiglio di non sottoporti ad altre terapie e concordo con te...quando è irreparabile le chemio ti allungano solo la sofferenza per poi arrivare stremata alla resa dei conti..l'ho visto sulla pelle di mio padre e per un 1 anno di sopravvivenza e ritorno alla vita, ora sta pagando amaramente il conto...perchè quando ha deciso di  sfinirti, la malattia va fino in fondo....ERA meglio evitare accanimenti quando le cose sono peggiorate, ma se rispondi bene alle chemio, combatti per te e per il sorriso di tuo figlio...troverai li la forza.
Non so perchè a volte ragiono freddamente, forse perche ora, vorrei avergli evitato certe sofferenze e mi sento impotente, non si può tornare indietro.
Settimo Sigillo di Bergman
Non mi resta che fargli scudo col mio cuore e dargli tutto il mio conforto, non ho più lacrime ma qualcuno lassù ci da tanta forza...ora mi basta un suo sorriso e l'idea di stare tutta la notte a guardarlo mi rasserena...malgrado tutto, malgrado la battaglia sia giunta al termine...malgrado la rabbia...
Credi fortemente che guarirai e che tutto si sistema...te lo auguro..cerca di essere positiva e non mollare... scusa per lo sfogo … ti abbraccio
Qui si apre un altro capitolo, molto delicato e con risvolti etico-deontologici. Quando staccare la spina e a chi spetta farlo? Concludo, per sdrammatizzare, con questa immagine che ho trovato nell'articolo del dott. Salvo Catania, tratta da medicitalia+. Sotto l'immagine della partita a scacchi tra il cavaliere e la morte, tratta dal film il Settimo Sigillo di Ingmar Bergman, ha riportato la frase di Woody Allen: Le più belle parole non sono “Ti amo”, ma “E’ benigno!”  Io non so giocare a scacchi, mi toccherà giocare a "briscola" con la morte.

2 commenti:

  1. Giovanni: Cosa fare per la vertebra L2? L'oncologo dice che le metastasi sono legate al cancer originario, quindi confronti con altri casi non sono proponibili...di chirurgia non si parla, troppo rischiosa...qualcuno ha delle proposte?
    Giovanni:Mi ritrovo in questo breve dialogo tra la Morte e il Cavaliere Antonius Block, fino a che avrò fiato non la smetterò di farmi e porvi delle domande, qualcuno prima o dopo ci darà delle risposte?
    Morte: Perché non la smetti di fare tante domande?
    Antonius Block: No, non la smetterò.
    Morte: Tanto nessuno ti risponde.
    Giovanni: Altro dialogo molto stimolante tra il Cavaliere e la Morte (vi ricordo che il film è del 1957): Antonius Block: Io vorrei sapere, senza fede, senza ipotesi, voglio la certezza. Voglio che Iddio mi tenda la mano e scopra il suo volto nascosto e voglio che mi parli [...] Lo chiamo e lo invoco, e se Egli non risponde io penso che non esiste.
    Morte: Forse è così, forse non esiste.
    Antonius: Ma allora la vita non è che un vuoto senza fine. Nessuno può vivere sapendo di dover morire un giorno come cadendo nel nulla senza speranza.
    Morte: Molta gente non pensa né alla Morte né alla vanità delle cose.

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  2. sono capitata su questo blog per caso, mi sono commossa, io non ho il cancro ma vivo quelli di mia sorella, cosi da vicino che nelle attese dei referti mi sono trovata a chiedere ( a non so che entità ) uno scambio di persona: io al posto suo.
    Ho detto "quelli " perchè mia sorella ha avuto 3 cancri differenti e originari... per adesso sta bene ma ogni controllo è un dramma

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