martedì 1 maggio 2012

Viaggio a Medugorje: per trovare la forza di vivere, quel che resta da vivere, con pienezza affettiva o spirituale



Giovanni sul monte Krizevac
Perchè una persona gastrectomizzata per un K4 si è recata a Međugorje dal 19 al 22 aprile con un viaggio organizzato da un gruppo di credenti nella Gospa (Signora, così viene chiamata la Madonna da quelle parti)? Per una guarigione, per fede, per curiosità, per vedere il sole roteare o le croci nel cielo, per sentire i profumi o come dice Roberto Magarotto nel suo sito Per una vita come prima "per trovare la forza di vivere quel che gli resta da vivere con pienezza affettiva o spirituale"?
Tutti dobbiamo morire, questo è un dato certo, ma nessuno sa quando morirà e quanto gli resta da vivere, possiamo solo fare delle previsioni, delle ipotesi statistiche/probabilistiche. Chi viene colpito da un cancro sente però che le cose non stanno più come prima, anche se, come dice Roberto, si deve cercare di ritornare ad una vita come prima per il tempo che ti resta da vivere.
Perché esiste qualcosa invece del nulla? Perché esiste la sofferenza e il dolore? Da queste domande sono sorte le religioni, le filosofie, le credenze e le sette.
Dopo il viaggio, che la persona credente chiama pellegrinaggio, ho riflettuto e cercato di capire se Međugorje è un'esperienza da consigliare o se invece corrisponda a quanto viene affermato in un sito di ispirazione protestante: "Dietro le apparizioni mariane si nasconde il nemico e non la umile Maria biblica, serva del signore, anch'ella bisognosa di salvezza, come afferma Luca 1:46-48".
Scrive Marco Corvaglia autore del libro "Medjugorje è tutto falso":"Tante persone (tra cui il sottoscritto) a Međugorje non hanno sentito nulla di particolare. In ogni caso, questo trionfo delle emozioni, di cui tanti altri parlano, che cosa rappresenta? Un segno divino o il frutto del contagio emotivo e della suggestione?.
Oppure ha ragione Paolo Brosio quando afferma in "Profumo di lavanda. Međugorje la storia continua": "Nulla è potente come l'aria che si respira in Erzegovina. […] Oggi so che a Međugorje ci sono grandissime dosi di Spirito Santo in ogni dove".
Un altro giornalista che crede nella Gospa di Medjugorje è Antonio Socci. Scrive nel suo libro diario "Mistero Medjugorje": “Dunque da Medjugorje arriva qualcosa di enorme e di decisivo per il nostro futuro prossimo e remoto, oppure – come affermano alcuni – siamo di fronte al più grande imbroglio della storia cristiana? E’ possibile inventare e far crescere una truffa di tali dimensioni planetarie? Sono andato, con queste domande in testa, a vedere, a indagare, per capire. Innanzitutto ho tentato, per quanto possibile, di ricostruire i fatti degli inizi, giorno per giorno, secondo le testimonianze (ricchissime di particolari, essendo tutti i protagonisti viventi, ma molto spesso imprecise e contraddittorie nei dettagli temporali, come accade normalmente quando tanta gente si trova contemporaneamente al centro di eventi molteplici e travolgenti e poi riferisce ciò che ricorda). Ho provato a fare una ricostruzione come una normale inchiesta giornalistica, cioè dando credito ai testimoni".
Anch'io desideravo fare l'esperienza di  Međugorje da un po' di tempo, prima ancora della malattia, ma alcuni viaggi sono andati a vuoto per mancanza di partecipanti. Ho scoperto che i viaggi che non vanno mai a vuoto sono quelli organizzati come pellegrinaggio e non anche per turismo. Ad esempio al viaggio a cui ho partecipato non era previsto  una visita alla città di Mostar che dista da Međugorje una trentina di kilometri, una quindicina di partecipanti hanno dovuto noleggiare un pullman per visitarla.
Giovanni e Grazia sul Podbrdo
Questa volta, per merito dell'amica e volontaria Grazia, sono riuscito ad inserirmi in un gruppo che organizza pellegrinaggi a Međugorje. Grazia vi si reca ogni anno da sei anni. Nel pullman c'erano persone, in maggioranza donne, che tornano a Međugorje spesso, alcune ritornavano dopo lungo tempo, altre, come me, andavano per la prima volta. Le coordinatrici e assistenti spirituali, molto gentili e disponibili, erano Patrizia e Piera. Era presente nel mio pullman anche un gesuita ultraottantenne, padre Luigi.
Siamo partiti da Padova  alle 6 del mattino del 19 aprile, con due pullman. Tutti insieme abbiamo vissuto momenti comuni di preghiera, ma eravamo alloggiati in  pensioni diverse. Per arrivare a Međugorje abbiamo attraversato le frontiere Italia-Slovenia, Slovenia-Croazia e Croazia-Bosnia Erzegovina. Dopo diverse soste e un giusto numero di preghiere, arrivati alla frontiera con la Bosnia Erzegovina, le due coordinatrici ci hanno vivamente raccomandato di toglierci gli occhiali da sole, non ce n'era bisogno perché erano le 19, di stare fermi perché le guardie di frontiera non sono molto concilianti. L'autista è sceso con tutti i documenti, le guardie hanno controllato, è passata mezz'ora, un'ora ma non ci hanno fatto passare. Risalito, l'autista dice alle coordinatrici che bisogna pagare l'obolo, 20 € per pullman. Cosa succede se non si paga? Si resta lì alcune ore come è accaduto ad un pullman alla frontiera principale, è rimasto fermo cinque ore. Noi, più furbi, avevamo scelto una frontiera secondaria e abbiamo atteso solo un'ora, anche perché abbiamo pagato l'obolo di 20€.
Non sempre però si deve pagare, così mi hanno raccontato gli autisti.
Međugorje dista dalla frontiera  una trentina di chilometri. Arrivo alla pensione, assegnazione delle camere, cena e tutti a letto stanchi morti. Arrivando, la prima impressione non è stata positiva. Dal pullman vedevo alberghi e pensioni, chioschi e bancarelle pronte a vendere immaginette, collanine, braccialetti, t-shirt e cappellini. Vedevo anche negozi e boutique alla moda, ristoranti e localini per passare le serate post-preghiera. Qualche veterano di Medugorje mi ha raccontato che il business è arrivato impetuoso, stanno costruendo dappertutto.
Vicka
Alla mattina del 20 aprile sveglia presto, perchè al venerdì si può avere un colloquio con la veggente Vicka (Vida) Ivankovic. Vicka è nata il 3 settembre 1964 a Bijakovici da Zlata e da Pero, allora operaio in Germania. La famiglia coltivava anche campi. Quinta di otto figli, ha una sorella farmacista e una impiegata. Ha visto la Madonna per la prima volta, come gli altri veggenti, il 24 giugno 1981. Le apparizioni quotidiane per lei non sono ancora cessate. Fino a oggi la Madonna le ha affidato nove segreti. Vicka è sposata ed è madre di due figli e vive nelle vicinanze di  Medjugorje. Riceve i pellegrini il lunedì, mercoledì e venerdì.
Venerdì pioveva a dirotto e tutti i pellegrini italiani si sono radunati in una grande sala in attesa di Vicka. Un sacerdote, mentre l'aspettavamo, diceva un rosario dietro l'altro. Dopo cinque/sei rosari sono uscito dalla grande sala che nel frattempo si era riempita all'inverosimile. Ho visto arrivare la veggente che, posizionatasi in cima ad una scalinata, ha iniziato a parlare alle persone radunate all'aperto. Quelle che erano dentro alla sala cominciarono ad uscire, alcune brontolando e dicendo: "Vicka si crede la Madonna? Perché ci fa uscire all'aperto?". Ho pensato: "Qui la fede vacilla".
Il modo di parlare di Vicka è molto coinvolgente, si esprime con passione in italiano e croato e una interprete traduce in inglese. Ad un certo punto cessa di parlare e con le mani congiunte invoca la Gospa per le persone sofferenti nel corpo e nello spirito. Molti dei pellegrini sono malati o hanno superato una malattia. Alcune sono vedove o hanno perduto un figlio. Alcune compagne  di viaggio dicono di aver sentito un profumo durante l'intervento di Vicka, lo dicono con molta discrezione, consapevoli che qualcuno potrebbe dire che sono delle visionarie. Io non l'ho sentito, ho difficoltà di olfatto.
Al pomeriggio con un gruppo, memore dei miei trascorsi alpinistici, mi sono recato sul monte  Krizevac: è il monte più alto di Medjugorje (520 m sul livello del mare) sul quale, il 15 marzo 1934, a ricordo dei 1900 anni della morte di Gesù, i parrocchiani hanno costruito una croce di cemento armato alta 8.5 m.. Lungo il percorso sono state posizionate  le stazioni della Via Crucis in bronzo, opera del prof. Carmelo Puzzolo.  Alcuni pellegrini, anche del nostro gruppo, sono saliti scalzi. Vi assicuro che il sentiero è molto accidentato e sassoso, non è per tutti. Attorno alla Croce ci sono lapidi e croci poste dai pellegrini nel corso degli anni.
Arrivati in cima, mentre facevamo delle foto ricordo, Barbara, una giovane compagna di viaggio mi dice: "Giovanni guarda una croce in cielo". Alzo lo sguardo e vedo in effetti due nuvolette che si sono posizionate a forma di croce sopra di noi. Rispondo a Barbara: "Guarda che durante le mie escursioni sulle Dolomiti, a dire il vero non molto frequentemente, ho visto simili fenomeni naturali". Comunque, dato il clima spirituale che si respira, il fenomeno è sorprendente e la croce era molto nitida.
Sabato 21 aprile, dopo una notte di pioggia, siamo saliti, al mattino, al monte Podbrdo: si tratta della zona più bassa del monte Crnica, che sovrasta la frazione di Bijakovici, dove abitavano i sei veggenti al tempo delle prime apparizioni nel 1981. E' una collina brulla e sassosa, che nei primi anni era raggiungibile attraverso un sentiero non facilmente praticabile, ma oggi, grazie ai milioni di pellegrini che lo hanno frequentato, la salita è più accessibile. La devozione più comune per i pellegrini che salgono sulla collina delle apparizioni, è quella di recitare il Santo Rosario e meditarne i misteri. Il Podbrdo è raggiungibile dal centro di Medjugorje attraverso un sentiero nei campi percorribile a piedi in circa 20 minuti, o comodamente con la strada ora asfaltata di circa 2 km.
Dal 2006 la parte del sentiero che porta al luogo della prima presunta apparizione è stato illuminato da piccoli faretti, questo rende la via ben visibile di notte. Chi non può salire in cima alla collina delle prime apparizioni può fermarsi  alla Croce Blu, anche questa zona di apparizione.
Al pomeriggio con un gruppo di pellegrini, invece di far visita ad una comunità, mi sono recato a Mostar con un pullman prenotato da Grazia. Passeggiata tra i mercatini del quartiere arabo attraversando il famoso ponte StariMost oggi patrimonio UNESCO, ricostruito dopo i tristi scenari dell’ultima guerra (1992-95) dei Balcani. Mostar è una città di 111.186 abitanti (dati 2009) della Bosnia Erzegovina, il centro del Cantone di Erzegovina-Neretvanska della federazione bosniaco-croata.
E’ la capitale non ufficiale dell'Erzegovina, ed è costruita lungo il fiume Narenta. È la quarta città del paese. Il nome Mostar deriva dal suo antico ponte (lo Stari Most) e dalle torri sulle due rive, i "custodi del ponte" (mostari).
A Mostar, io e Adelina, un'altra compagna di viaggio, abbiamo conosciuto (almeno così si è spacciato) l'Iman della Moschea Karadjoz-Beg (Karađozbegova), costruita nel 1557, che parlava un buon italiano. Di professione faceva la guida turistica e aveva sposato una signora cattolica. Ci ha mostrato il cimitero dietro la moschea, il più antico cimitero musulmano della città. Non si poteva entrare nella Moschea, ci ha detto, perché alcuni musulmani stavano pregando. Gli ho chiesto della guerra, la sua risposta è stata: "Prima della guerra a Mostar c'erano sette parchi, ora ci sono sette cimiteri".
Alla sera quando siamo tornati abbiamo avuto la sorpresa di dover cambiare la pensione, c'era stato un disguido con la proprietaria. Qualche brontolamento e qualche pianto, ma sono cose che succedono in un pellegrinaggio.    
Domenica mattina levataccia alle 5.45 per andare a messa, celebrata dal comboniano ultraottantenne padre Giovanni, e partenza per Padova. Siamo arrivati a Padova alle ore 21.
Daniele, Barbara, Francesca
 e Giovanni a Krka al ritorno
Durante il viaggio padre Giovanni, che era il padre spirituale dell'altro pullman, ci ha parlato della sua vita da missionario. Con lui abbiamo recitato un rosario dedicato ai cinque continenti, per ogni continente ci spiegava le sue esperienze e impressioni. Ho appreso cose che non sapevo e che non si leggono nei giornali. Dimenticavo di dire che padre Luigi, il padre spirituale che era nel nostro pullman, non è tornato con noi. Aveva espresso pubblicamente il desiderio di chiudere la sua avventura terrena a Medjugorje. Per farlo però avrebbe dovuto avere il consenso dei suoi superiori e trovare una comunità che lo accogliesse. Per il momento si era accontentato, avendo trovato un gruppo di Bologna che conosceva, di spostare il rientro di alcuni giorni.


Conclusioni: "Come! Sei andato a Medjugorje?" - mi chiede la gente incredula. "Tu che sei un laureato in fisica, non crederai mica alle apparizioni della Gospa? Lo sai che i vescovi di Mostar, prima Pavao Zanic e poi il suo successore Ratko Peric, hanno a più riprese dichiarato  di non approvare che sacerdoti e laici cattolici “organizzino” pellegrinaggi a Medjugorje?".
"Ma guarda un po' - rifletto e rispondo - se uno si deve giustificare perché ha compiuto un viaggio del genere".
Medjugorje è un luogo dove chi crede vede rafforzata la sua fede, mentre chi non crede può trovare la conversione o quella spiritualità che non ha mai avuto o che ha perso. Sicuramente Medjugorje spinge tutti, credenti o meno, a riflettere sul significato del mistero della vita, e ciò non fa male. Nonostante il business imperante che sta investendo Medjugorje, si possono trovare ancora risposte adeguate ai problemi che ci  angosciano.

Post  Scriptum
Nel  post che ho dedicato all'amica e volontaria Rosa (clicca qui)  ho scritto: "Quando Giovanni era in procinto di partire per Međugorje, gli ha consegnato un fazzolettino con scritto il nome di una giovane mamma colpita da leucemia, dicendogli: "Riportamelo indietro benedetto, che glielo riconsegnerò!"
E Giovanni ha obbedito; come si fa a dire di no alla Rosa?".
Ma nel commento postato pochi giorni dopo ho scritto: "Rosa mi ha comunicato ieri sera che la signora Simonetta, ricoverata in Clinica ematologica, alla quale ho portato un fazzolettino imbevuto d'acqua di Međugorje, non è più tra noi.
Sentite condoglianze alla famiglia da parte dei volontari di IASI. Sicuramente la mia scarsa fede non ha prodotto il miracolo! Arrivederci Simonetta.

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